Sensibilità emotiva ostacolo o risorsa?
Estratto della diretta con Eija Maria Tarkiainen
Esperta in simbolismo e tecniche corporee. Formatrice
Sono appassionata di quei racconti che accendono la conoscenza innata che tutti noi abbiamo. La ricerca di qualcuno che ci dica cosa è giusto e cosa no per ogni cosa non sembra una via per la realizzazione del sé quanto, invece, il coraggio di vivere la vita connettendosi con la fonte di saggezza con cui nasciamo, dote innata, che ha a che fare con quella che chiamiamo la sensibilità o l’ipersensibilità. Siamo, infatti, poco collegati con questa parte di noi, e questo ci porta al bisogno costante di conferme dall’esterno. Siamo poco connessi, come se avessimo tagliato via dalla nostra vita quella parte nascosta di noi che sa di fragilità, di mistero, di dimensione lunare, femminile emotiva, che possiamo chiamare intuito.
La mancanza di questa connessione crea disagi, anche fisici di una certa importanza. Non sono medico ma poso affermare che è fondamentale l’ascolto di sé, la decodifica dei messaggi del corpo. Anche una malattia come la sclerosi multipla è diversa da una persona all’altra. In questo caso occorre farsi le domande: cosa non voglio più fare attraverso il mio corpo? Cosa non voglio più nutrire attraverso il mio fare? L’importante è porsi domande aperte e lasciare che arrivino le risposte. Solitamente, quando abbiamo un problema cerchiamo subito le risposte, noi donne soprattutto. La nostra parte razionale, analitica, che vuole controllare, prevedere, dà subito le sue risposte. Ciò che attingiamo dalla mente però è un cumulo di informazioni provenienti dall’esterno, laddove il 99% delle conoscenze che possediamo (anche raggiungibili velocemente della mente) è nelle intuizioni, nelle sensazioni, nelle ispirazioni, anche nelle casualità. Ma per arrivarci dobbiamo avere il coraggio di “sentire”. Eccoci giunti al tema della sensibilità, quella conoscenza vera di cui siamo equipaggiati dalla nascita.
Cosa troverai in questo articolo:
Ci sono segreti per poterci ascoltare e percepire le emozioni che arrivano?
Non c’è da credere in qualcosa o qualcuno, ma fare, avere il coraggio di fare pratica e, poi, rivolgersi alle storie, soprattutto alle storie mitologiche, anche alla poesia.
La mitologia finlandese è stata molto amata da Rudolph Steiner, Tolkien, che addirittura aveva imparato il finlandese, lingua difficilissima da apprendere come stranieri.
È molto particolare perché racconta proprio quello che noi, nella nostra società, abbiamo rifiutato, rimosso, addirittura demonizzato, cioè proprio quella sensibilità legata alla bellezza, all’emozione e alla forza invisibile capace di trasformare il mondo, capace di convincere la materia (come la fisica testimonia, la materia è pura possibilità).
Nella mitologia finlandese gli eroi non combattono con le spade, con gli scudi, ma trasformano il mondo, anche combattendo l’uno contro l’altro, perché la vita è una lotta, alla stessa maniera di come il seme lotta per germogliare. Questi eroi però combattono col canto, con la poesia, con la saggezza “silente”, che è quella con cui nasciamo, con la parola magica che riesce a rivestire quel sentimento intimo che porta alla nostra natura più profonda. In pratica, essi rappresentano tutte le emozioni che la nostra società considera negative…
In realtà, le emozioni sono energia, non sono positive e negative. Diventano negative quando crediamo che lo siano.
Pensate ad un posto dove non vi piace assolutamente andare, e che vi fa paura. Il corpo sente le emozioni (sangue in azione), il cuore batte più velocemente, la pancia è in subbuglio, compaiono i sudori freddi, la prima cosa che viene da fare è scappare.
Pensiamo ora ad un altro tipo di situazione. Finalmente lui o lei mi chiede di uscire. Il corpo sente un’emozione forte di preparazione, con la mente che dice che è una cosa è bella, grazie alla quale finalmente si sente viva.
È la mente a decretare cosa è bene e cosa è male. In realtà, l’emozione è una forza, un’energia! E se abbiamo la capacità di contenere e farci attraversare da questa energia viviamo una forza in grado di zittire la mente, che non sa cosa è bene per noi. La parte che, invece, sa cosa è bene per noi, il motivo per cui siamo nel mondo, che ci fa realizzare il nostro destino, che è felicità, è proprio la parte profonda collegata all’emozione.
Vi chiedo di fare questo esercizio per addestrare il corpo a essere più capace di contenere e accogliere un’emozione forte, nel senso di potenza, di intensità.
Quando arriva un’emozione “negativa” tendiamo a razionalizzarla per controllarla oppure la attenuiamo ricacciandola dentro di noi, ma la mente non può capire, l’emozione va compresa. C’è anche l’eventualità che diamo sfogo all’emozione in vari modi, questo perché non riusciamo a contenerla, e così la sprechiamo. Un’emozione viene per essere vissuta. Se addestro il mio corpo a contenere e a utilizzare la sua forza posso sperimentare come in un momento di grande rabbia o di grande dolore, prendendomi qualche minuto per fare questo esercizio, riuscirò a usare questa energia. L’emozione è sia pura che energia.
Anche il pensiero di un evento può procurare un’emozione nel corpo. Ma se, invece di sfuggirla, la richiamo, la evoco intensificandola attraverso l’immagine, il ricordo sopraggiunto, senza pensare bene o male ma solo evocandola, può darsi che in quel momento arrivino altri eventi a richiamare la stessa dinamica.
Sempre con il corpo comodo e la respirazione consapevole, o in altri modi che non facciano entrare la mente, chiediti, in quale parte del corpo la senti di più questa emozione? Nella testa… nel cuore…, individuando la parte in cui la senti. Tutta la tua attenzione è sulla parte del corpo che sente. Poi, chiediti come lo senti.
Possiamo sentire attraverso l’aggregazione o la disaggregazione di questi quattro elementi: pesantezza/leggerezza, durezza/ morbidezza per quanto riguarda la terra, possiamo sentire come l’acqua, qualcosa di secco o umido, come fuoco, tramite un calore, o come aria tramite il movimento, una pulsazione, un prurito.
Perciò concentrati sul sentire cosa, dove, come lo senti. Mediante questo espediente, potresti sentire dopo alcuni minuti che l’emozione ti ha attraversato, forse avrai la mente più lucida, una maggiore carica energetica ma soprattutto, ciò che è importante, è che non hai represso l’emozione, ma l’hai utilizzata, inclusa come una potenza nel tuo corpo.
Tutte le mitologie raccontano di come si debba morire per rinascere, andare in quel luogo che fa tanta paura (ma con lucidità). È il caos che partorisce l’ordine.
Pensiamo di dover fare, lavorare, in realtà, siamo perfetti se la mente non si intromette.
Basta orientare la mente sul corpo, che è solo nel presente, l’anima parla attraverso il corpo. Se orientiamo la mente sul corpo accade tutto in modo naturale senza fare nulla di più.
Questa modalità di vivere l’emozione deve essere ripetuta perché questo consente di andare sempre più in profondità, magari all’inizio con difficoltà, ma un po’ alla volta, si può arrivare a utilizzarla anche davanti a ciò che può sembrare una tragedia, che, sappiamo, arriva per farci riconoscere i condizionamenti e le paure affinché possiamo superarle.
Come possiamo capire se siamo ipersensibili?
A me la parola ipersensibilità non piace tanto. In italiano è stata tradotta male dall’inglese high sensitivity, alta sensitività. Iper già presuppone l’idea di una patologia. La definizione è: maggiore sensibilità nei confronti della stimolazione esterna. Pensiamo che sia sbagliata ma se osserviamo bene il mondo intorno a noi, possiamo renderci conto di quanto siamo intorpiditi e anestetizzati al punto tale che ci manca l’intensità della vita, che non viviamo pienamente.
Alcuni studi confermano che ci sono persone che nascono con una sensibilità particolare, che percepiscono più in profondità, spesso sono le donne a vedere oltre.
C’è sempre una motivazione nell’invisibile che ci spinge a fare le cose. Viene considerato sbagliato il domandarsi cosa c’è oltre. Le persone ipersensibili usano il cervello per captare qualcosa. Tendenzialmente col cervello vogliamo concludere, definire, così facendo ci perdiamo la vita. Vi invito a vedere le cose da una prospettiva diversa.
Le persone cosiddette ipersensibili sono attente a ogni cosa, non necessariamente concludono e non sono attente alle ideologie, inoltre, hanno la caratteristica di sentire il dolore dell’altro come fosse il proprio. Poi sono dotate di forte intuizione, qualità che abbiamo tutti però.
Se sono nel mio corpo, ad esempio, davanti un tramonto bellissimo può accadere che arrivino visioni, con la mente che tace e magari la sensazione di un gran calore nel corpo.
Viviamo tante situazioni di bellezza portatrici di emozioni vere e possiamo anche evocarle senza aspettare qualcuno che ci porta a viverle, e andare in quel luogo dove tutto può accadere, dove tutto trova un’unione, sopra il bene o il male.
Un 20% delle persone nasce ipersensibile.
Quando per tutta la vita non ho fatto che razionalizzare, definire, etc, gli eventi che accadono sono chiamate dell’anima per viverli e per superarli.
Molte persone ipersensibili cercano di autocontrollarsi, invece, dovrebbero andare proprio in quella dimensione interiore lunare che respingono. Non parlo degli stati emotivi suscitati da alcune trasmissioni, puro sfogo, ma di ogni volta che riesco ad aprirmi a un’emozione, che sarebbe il mio stato naturale, dove non sento paura, uno spasmo che chiude anche i sensi sottili, il ponte che unisce la mia parte profonda con la consapevolezza. Senza volerla gestire, proprio attraverso l’energia dell’emozione, posso creare, co- creare.
Se voglio modificare la materia devo farlo prima nella parte invisibile. Se vivo nella piacevolezza la creo dentro e fuori di me.
La lingua finlandese è molto antica, molto chiusa, non ha accettato neologismi e conserva una saggezza umana universale, come in tutte le tradizioni.
In finlandese, se voglio dire “che so una cosa” ho due possibilità: usare il verso sapere o anche un’altra parola che può essere tradotta con sentire, nel senso che conosco profondamente, una persona, un albero… Per conoscere profondamente bisogna sentire. Ma se ne ho paura perché penso al bene o male non ci posso arrivare a questo. È importante prendere un po’ le distanze dalla mente, lavarla attraverso il fuoco e le emozioni, osare di entrare nella passione, nel caos, per trovare una luce diversa come le meravigliose aurore boreali. Una magia che però abbiamo anche dentro, se osiamo entrare in quel buio che non è buio ma è solo una luce diversa.
Come si inseriscono le tecniche corporee e i simbolismi?
Dal punto di vista dello sciamanesimo viviamo in un mondo simbolico, ogni evento, organo, corpo, immagine è un simbolo che va usato per entrare in contatto col sé profondo perché possa esprimersi e manifestarsi. L’uso delle immagini e delle visualizzazioni e un certo tipo di approccio alla vita che non mi fa prendere proprio tutto alla lettera e mi fa guardare da un altro punto di vista, non è oggettivo. Non si tratta di governare, ordinare, controllare ma cercare di esplorare il senso profondo, quello di amare, di darsi, essere al servizio, come l’aria che respiriamo o il bicchiere di vino che abbiamo bevuto.
Esperta in simbolismo e tecniche corporee. Formatrice