Denti-Corpo-Spirito, una cosa sola!
Estratto dell’intervista al dott. Vincenzo Altieri
Medico. Dentista, esperto in Dentosofia e Antroposofia
La Dentosofia è soprattutto una terapia umanistica, nel senso che consente di lavorare sia sul piano materiale che spirituale. Una dimensione quella spirituale che la medicina convenzionale non cita, eppure esiste, tant’è vero che un corpo inanimato si dice esanime, cioè senza anima.
È fondamentale considerare sempre quella che viene chiamata la parte psicoaffettiva, che possiamo anche chiamare spirito, anima, corpo eterico, etc. La presenza di questo spirito io l’ho vista e l’ho toccata con mano tramite le testimonianze dei miei pazienti. Nel mio studio vengono fatte molte confidenze e credo si debba unire alla terapia quella parte che va oltre la terapia stessa. È il caso di due miei pazienti, un dentista e un primario di neonatologia, che mi hanno entrambi rivelato di avere avuto un infarto, di essere morti ed essere stati rianimati con un defibrillatore, vivendo la stessa esperienza. Un conto è leggere queste cose nei libri, un altro è prenderle da testimonianze concrete di qualcuno di cui ci si fida.
Queste confidenze hanno lasciato il segno in me. Sono nato come chirurgo e per quasi trent’anni mi sono occupato di implantologia. La Dentosofia la pratico da otto anni ed è stata una rivelazione che mi ha cambiato la vita. Tagliavo e cucivo, se c’era un problema intervenivo e tutto finiva là. Poi mi sono reso conto che non era come mi avevano insegnato e che pensavo fosse giusto. Oggi faccio qualcosa di molto diverso…
La Dentosofia nasce negli anni Cinquanta, da due antroposofi, era chiamato così chi studiava Rudolph Steiner, i cui testi sono ancora estremamente attuali.
Due ortodonzisti dell’epoca, per evitare il problema della perdita degli attacchi degli apparecchi che interessava i bambini che trattavano avevano messo loro dei paradenti. Con grande sorpresa scoprirono che i bambini che portavano i paradenti miglioravano la forma e la posizione dei loro denti più di quelli che non l’avevano.
Successivamente si sono imposti nuovi, moderni trattamenti ortodontici, passivi però, una modalità da cui non mi sono mai sentito attratto, non è mai stato mio quel modo di cambiare la posizione dei denti. E i fatti lo hanno dimostrato. Da quando ho iniziato a praticare la Dentosofia gli interventi sono drasticamente ridotti, i denti del giudizio, i premolari, non vengono più tolti, non si fanno più neanche le estrazioni consuete per velocizzare. E sono felice di tutto questo perché a me pesava tanto farlo!
Dopo l’avvio glorioso, queste nuove metodiche sono poi state abbandonate.
Ci sono stati, dopo, altri due medici dentisti francesi che hanno cominciato a sperimentare, con risultati eccezionali, la Dentosofia dando un nome a questa speciale metodica che permette al paziente di lavorare su se stesso.
Oggi, l’attivatore, una specie di paradente, in silicone e in altri materiali, agisce sulla parte materiale in maniera meccanica e viene usato anche nell’ortodonzia tradizionale, ma senza l’approccio dentosofico opera solo sulla parte meccanica escludendo il resto del lavoro dove il paziente deve mettersi in discussione e fare qualcosa.
La Dentosofia va oltre: attraverso la forma dei denti mette in condizione di comprendere una serie di tematiche importanti del paziente, non solo relativamente ad apparati e organi, ma anche agli archetipi, alle situazioni familiari. C’è un mondo nei denti, come nella riflessologia nell’auricoloterapia, dove vediamo l’interezza dell’essere umano in una piccola parte, vediamo il tutto, come negli ologrammi, in una cellula ci sono tutte le informazioni.
Tutto questo mi è sempre sembrato un po’ al di là del mio essere chirurgo, razionale, ho dovuto affrontare il fatto che quanto nella chirurgia è nelle mani del terapeuta, nella Dentosofia è nelle mani del paziente. Io posso essere un terapeuta ma mai un guaritore perché il paziente ha tutta l’energia necessaria per arrivare alla guarigione. Il paziente deve imparare ad andare con le sue gambe senza aver bisogno di nessuno che lo conduca. Questo è l’obiettivo nella mia idea di Dentosofia.
La bocca è la rappresentazione di quello che abbiamo dentro, rivela aspetti della personalità del paziente, è una chiave di lettura estremamente complessa, L’orecchio, l’iride credo siano meno ricchi di informazioni di quanto non lo sia la bocca con tutti i suoi denti, le tante forme, posizioni e interpretazioni. È, infatti, importante anche valutare, tra l’altro, anche dove si trova il singolo dente e come chiudono i denti.
Le bocche sono diverse, e così anche i costanti riequilibri che il corpo mette in atto ai fini del benessere, una conquista in cui ci si ammala e si guarisce costantemente. L’omeostasi non è una stasi ma è un ammalarsi e un guarire continuamente. Perché il nostro formidabile sistema immunitario funzioni dobbiamo stare in equilibrio, e questo ha a che fare con la parte psicoaffettiva. Ci sono perciò bocche da riequilibrare.
L’ortodonzia tradizionale si occupa soprattutto dell’allineamento dei denti, ma trascura le fondamentali funzioni neurovegetative. Il tema dell’allineamento è l’estetica, nulla da dire, ma questa non deve essere disgiunta dalle funzioni neurovegetative, quindi automatiche, come la masticazione, la fonazione, la respirazione, la deglutizione, che sono di un’importanza eccezionale nella vita, nel resistere alle malattie, ad esempio.
Se si respira col naso l’aria viene filtrata, umidificata, riscaldata tramite i turbinati compiendo una serie di passaggi energetici noti a tutti. C’è dell’altro che non conosciamo, che probabilmente verrà alla luce nei prossimi decenni. Respiriamo 18mila volte al giorno e la respirazione col naso determina anche una minor fatica nella respirazione, mentre quella orale porta alla caduta della lingua, ma non ce ne rendiamo conto finché non portiamo l’attenzione nel presente.
Possiamo migliorare i sistemi, possiamo migliorare tutto.
La posizione assunta contiene le forme fisiche ed emozionali, cambiando la fisica cambia l’anima.
Osservate la posizione della lingua, quando deglutite: se sta in basso è probabile che stiate respirando con la bocca, se la lingua sta su, no. Nella deglutizione, la lingua deve stare sul palato, va dietro agli incisivi mentre la punta della lingua tocca un punto di incontro di meridiani importantissimo, tutto questo porta vantaggi importanti se fatto in questo modo. Ma se la lingua rimane giù è probabile che si respiri con la bocca, con l’aria che arriva direttamente nei polmoni.
Il punto del palato dove poggia la lingua è dietro gli incisivi superiori.
Respirando col naso si aumentano le performance, anche sportive, e le capacità di guarigione.
il trucco è fare lo schiocco con la lingua, un attimo primo dello schiocco controllare se la lingua è perfettamente adesa al palato, questa è la posizione corretta.
È necessario tenere presenti questi aspetti automatici che non sono sotto il nostro controllo.
Chi è affetto da bruxismo non si rende conto che serra i denti, se ne accorge quando ci mette l’attenzione. Stringere i denti può causare dolori che dall’orecchio salgono alla tempia. Se siamo preoccupati serriamo i denti per superare le difficoltà.
Quando respiriamo con la bocca, l’aria cambia il suo percorso naturale, e, non passando per la via che apre la tuba di Eustachio, non stimola l’azione drenante che fa espellere il muco. Per questo i bambini che respirano con la bocca hanno molto spesso otiti.
C’è anche da sottolineare che la respirazione orale può anche dare problemi al cuore, che si ingrossa. Gli sportivi usano questo tipo di respirazione solo quando occorre un afflusso importante di ossigeno.
Molti pazienti motivano la respirazione orale col fatto che hanno problemi col naso, ma questi arrivano perché il naso non lo usano! È la respirazione orale che determina inconvenienti, il malfunzionamento del sistema primario (che si deteriora se non utilizzato,). Chi respira con la bocca spesso ha il palato stretto, le chiusure non sono perfette perché il palato non si è dilatato. L’aria che passa dal naso facilita lo sviluppo dei seni mascellari, che apre il palato.
La bella notizia è che questi palati ristretti possono allargarsi senza portare nessun tipo apparecchio, è necessario solo riportare le funzioni neurovegetative allo stato originario.
Abbiamo una memoria in noi di come le cose vanno fatte, è l’engramma, una serie di operazioni automatiche attraverso un sistema codificato neuronale. La deambulazione è un engramma. Molte persone però camminano male perché hanno la sindrome dei denti che chiudono male. C’è un engramma originale di tutto, della fonazione, della deglutizione, di ogni cosa.
Tornare alla cosa giusta è la cosa più facile del mondo.
Prima però va riconosciuto quanto non va, che è espressione della dimensione psicoaffettiva.
I denti che non chiudono bene non sono ereditati dai genitori. La parola “ereditario” è tranciante, blocca ogni perché, perché diventa la spiegazione di tutto, come tutti i paroloni che sembrano malattie!
Dividere l’essere umano in vari pezzi è un grande errore, un odontoiatra dovrebbe studiare le parti collegate.
Tempo fa uno studio su una popolazione che viveva isolata, cioè senza contatti con la civiltà occidentale, evidenziò che gli individui che ne facevano parte avevano dentature forti e occlusioni perfette, e che da quando avevano cominciato a scambiare con l’esterno beni come farine e zuccheri raffinati, erano aumentati problemi come carie, malocclusioni, e anche disformosi, denti accavallati, etc. Quando, a un certo punto i traffici si fermarono, regredirono anche questi disturbi. Nonostante ciò, si comprese che essi erano maggiormente legati non tanto all’alimentazione quanto al nuovo modo di vivere all’occidentale.
La civiltà occidentale con la sua modalità materialistica non crea condizioni di benessere tali da evitare patologie come le disformosi. Infatti, quasi il 100% delle persone ha problemi con la bocca. Nel nostro modo di vivere è come se l’aspetto psicoaffettivo fosse torturato da tutto quanto ci circonda, la tecnologia, i nuovi valori, tutto questo crea un disagio psico affettivo che porta poi al disagio della bocca.
Proprio la dimensione psicoaffettiva può renderci più belli e più sani, grazie alle indicazioni della Dentosofia. Gli esercizi con l’attivatore, infatti, ci impongono uno stop, una pausa, dedicando a noi 20 minuti per tre volte al giorno. Quanti sono disposti a rinunciare a qualcosa, ammesso che valga la pena farlo? Non è una questione di non avere tempo ma di priorità.
Fermarsi è rivoluzionario in un periodo storico come questo.
La mandibola è una rappresentazione della volontà. Il morso profondo, i denti dell’arcata superiore che coprono quelli dell’arcata inferiore, questa è una formazione diffusissima nel mondo di oggi e denota il focus sul materialismo e la riduzione della capacità/volontà di esprimersi.
Il mascellare superiore è la mente ma anche il passato, nella triarticolazione mascella superiore- articolazione-mandibola c’è la triade pensare-sentire-volere. Nel “pensare” c’è la mente ed è relativa al posto in cui ci troviamo (genitori, maestri, nonni, etc), non rappresenta noi ma quello che ci è stato detto, dipende da dove siamo, non è la parte più profonda di noi. La mente impedisce alla mandibola di andare avanti facilmente. Chi ha la mandibola coperta deve superare l’arcata superiore per uscire e ciò comporta fatica e difficoltà. Si tratta di un aspetto fisico inerente a quello psico affettivo, è una lettura di alcune peculiarità della persona, anche solo in base a come articola i denti.
È anche possibile un lavoro inverso: dalla parte fisica trasformare quella interiore. Il lavoro è meccanico e animico allo stesso tempo. Quando eseguiamo gli esercizi fermiamo la ruota del criceto per compiere un atto di volontà, primo atto dell’essere umano.
Ci hanno abituati che non possiamo ottenere le cose.
Manifestiamo nel corpo le individuali tematiche dell’anima. Se i denti stanno in un certo modo un motivo c’è! Le forme hanno un senso.
Dobbiamo solo comprendere cosa accade e cosa fare, come trasformare qualsiasi inconveniente o malattia in qualcosa di positivo.
La parodontite è un altro flagello del mondo moderno. È familiare più che congenita. La quasi totalità delle parodontiti è il risultato di una cattiva occlusione determinato da carichi importanti, più di quanto il dente possa sopportare. Il rimedio alla parodontite c’è, bisogna vedere se è accompagnata da bruxismo e in quale forma. Essenziale comprendere che tutto ciò arriva sempre della propria interiorità.
Nessuno si ritenga condannato a una qualsiasi malattia perché abbiamo un enorme potenziale di guarigione.
Estratto dell’intervista al dott. Vincenzo Altieri
Medico. Dentista, esperto in Dentosofia e Antroposofia