Scegli di non soffrire!
estratto della diretta con Elena Dragotto
Counselor supervisor, dottore in Psicologia e Formatrice iscritta al Registro formatori A.I.F.
Counselor esperta in Dinamica di Sé e Voice Dialogue
Evolvere come essere umani, questo è il senso del disagio emotivo, poiché tutto è finalizzato alla nostra evoluzione.
Quando stiamo male, quando qualcosa non ci piace, ci fa stare scomodi, ci fa soffrire, ecco il disagio emotivo che, però, non sempre scegliamo di affrontare e prendere come maestro.
Il disagio emotivo ha a che fare con la discrepanza tra ciò che stiamo facendo e ciò che vorremmo fare e dove vorremmo essere.
La mia insegnante ripeteva queste due domande, a mio parere interessanti e applicabili a vari ambiti:
cosa sto facendo che non vorrei fare?
cosa non sto facendo che vorrei fare?
Sono domande che ci permettono di ascoltare noi stessi, comprendere dove siamo e se quello che stiamo facendo lo sentiamo profondamente, se ci corrisponde, ma ci danno anche la possibilità di orientarci per ciò che dobbiamo fare.
Il disagio è andare nel mondo scomodi, in cose e relazioni che non nutrono e in cui ci si sente costretti. Fondamentale è prendersene la responsabilità perché spesso il disagio diventa motivo di giudizio e di vittimismo, lo si attribuisce a motivi esterni (il mondo, il governo, etc ) e così si perde una gran bella occasione. Siamo qui solo per evolverci!
L’obiettivo è l’evoluzione. Il disagio emotivo è un aiuto perché l’universo trama a nostro favore, perciò il disagio/ fastidio/ difficoltà è l’opportunità che ci viene offerta su un piatto d’argento per ampliarci, crescere come essere umani. Non solo lo sottovalutiamo (e sarebbe il minimo) ma spesso non lo ascoltiamo, andiamo avanti a testa bassa, ci facciamo andare bene le cose e questo è un vero peccato perché ogni volta perdiamo un’occasione e poi stiamo sempre peggio.
Cosa troverai in questo articolo:
Da che età nascono i disagi emotivi?
Spesso i bambini esprimono un disagio sistemico, cioè del sistema famiglia. I disagi dei bambini sono sempre stati etichettati con malattie e disturbi, e questo li ha segna per sempre.
Il disagio può nascere in qualsiasi momento della vita. Da giovani esprime quello del sistema famiglia, da adulti fa capolino perché agiamo in base alle aspettative su di noi, alle regole della società, della cultura lasciando fuori parti di noi che non possono esprimersi.
Tutti i disagi di cui divento consapevole diventano possibilità di crescita. Ignorarli coscientemente li fa accumulare, ma può anche darsi che io non ne sia consapevole, per cui restano nascosti.
L’inconscio, tramite i sogni, ci fa vedere come stiamo offrendoci un check up emotivo per capire come stiamo, cosa bolle in pentola.
Tutti abbiamo sogni ma, se non hanno valore per noi, non riusciamo a ricordarli al risveglio.
È chiaro che un accumulo diventa difficile da smantellare. È anche vero che il tempo è un’illusione, un istante. Ciò vuol dire che se in quell’istante scelgo – perché si tratta di una scelta – di risolvere, di lasciare veramente andare quel problema, basta un istante.
Il fatto che noi come esseri umani soffriamo e continuiamo a soffrire, anche questa è una scelta. Mi rendo conto che sono parole difficili ma in questo istante io posso scegliere di non soffrire. Ciò non significa che la mia vita sarà rose e fiori ma che vedrò quello che mi accade con altri occhi, qualsiasi cosa sia.
È veramente importante accudire noi stessi e il nostro mondo interiore, è nostra responsabilità e non di altri. Purtroppo l’essere umano si rapporta al mondo come vittima e quindi cerca costantemente un carnefice. L’educazione, la cultura, la società, tutto è basato su questo. Quindi la sofferenza si fonda sul vittimismo. Uscirne, prendersene la responsabilità, lavorarci e venirne fuori è contro natura potremmo quasi dire, Anche se cerchiamo un professionista per stare meglio, in fondo in fondo, c’è una parte di noi che questo non lo vuole. Ciò non significa che non ci si possa riuscire quanto, piuttosto, che bisogna farci i conti e non sorprendersi se ci si impelaga in situazioni in cui si soffre perché questo non è strano, anzi è normale, naturale, ciò che è contro natura è stare bene e non soffrire. Questo è un gioco che facciamo con tutto quanto viviamo e invito tutti a rifletterci. Questa sedia è scomoda, io sto scomoda per colpa della sedia, siamo costantemente in questo. Diventa una sfida utilizzare il disagio per l’evoluzione, anzi è una rivoluzione per uscire dal vittimismo.
Il mondo non cambia, sono io che cambio la percezione delle cose e raggiungo quello che alcuni chiamano felicità e io chiamo pace interiore. Non si può dipendere da ciò che accade, la pace è un’attitudine interiore, non ha a che fare con l’esterno, raggiungerla richiede un lavoro certosino, costante, puntuale che non ha a che fare col cambiare il mondo esterno.
Vedere con altri occhi le stesse cose dà un senso di libertà grande, per chi la vuole ovviamente.
Dinamica di Sé e Voice Dialogue
Ho avuto la fortuna di lavorare per anni con gli ideatori di questo approccio.
Nel Voice Dialogue, le tante voci che parlano fra di loro nella nostra testa vengono considerate e chiamate sé, ed effettivamente sono parti di noi in virtù delle quali ognuno vede il mondo a modo suo. Il mio sé responsabile misura il mondo sulla responsabilità, il mio sé pigro misura il mondo su questo parametro. Tutte queste parti ci abitano e sono con noi quando nasciamo, ma in quella età siamo vulnerabili e abbiamo bisogno di altri che si prendono cura di noi. Il sé controllore del mio sé comincia ad annusare cosa ci si aspetta da me, perché essendo vulnerabile ho bisogno di sopravvivere sotto un tetto, ma anche di essere amato, considerato, incluso e, perciò, comincerò a rendermi conto di quello che viene apprezzato o punito in famiglia. Questa parte di me prenderà il timone della mia vita e, immediatamente, l’opposto verrà messo via. Non muore però, rimane lì e ritorna come disagio emotivo quando l’identificazione in una sola parte di me comincia a starmi stretta.
Quello che apprezzo di questo approccio è il rispetto per l’essere umano. In altri approcci questi vari sé vengono chiamati maschere, corazze, nella Dinamica di sé, invece, c’è un grande rispetto di questi sé primari perché ci hanno permesso di attraversare l’infanzia, in cui abbiamo affrontato situazioni emotivamente difficili.
Se nell’infanzia ho un genitore con una malattia, la mia parte di bisogno o giocosa non può avere spazio e quindi viene messa via a favore di una parte responsabile e indipendente, per cui divento quella bimba brava che non si fa vedere, che aiuta i genitori, e questo mi aiuta a continuare a ricevere amore ed essere considerata. Da adulta, questo sé ormai è alla guida e il disagio nasce perché io vado in automatico nella vita ma la parte giocosa che vuole chiedere aiuto bussa perché vuole far parte della mia vita.
Tutto questo viene fuori nei sogni o nelle relazioni, quando litighiamo con qualcuno stiamo litigando con la nostra parte messa in cantina, col sé rinnegato.
Nei sogni o nelle relazioni attraiamo molto spesso il nostro opposto: se sono estroversa mi innamoro di un introverso, se sono precisa mi innamoro di chi “va a sentimento”. Anche con i figli accade questo, quanti di noi hanno figli che sono il loro opposto? Ebbene questo figlio sta portando equilibrio: se i genitori sono squilibrati su un aspetto e hanno rinnegato l’opposto il figlio porta l’opposto e quindi l’equilibrio. Perché l’istanza dell’universo è l’equilibrio.
Ampliarci più che cambiare…
Il grande rispetto per l’essere umano di questo approccio riguarda anche il fatto che non caldeggia il cambiamento ma l’ampliamento a indicare che non abbiamo nulla da cambiare, dobbiamo solo disidentificarci da certe parti e abbracciare anche le altre. Non siamo sbagliati non c’è niente che non va in noi, abbiamo fatto il meglio possibile.
Il disagio emotivo mi sta offrendo l’opportunità di ampliarmi, evolvermi e anche uscire dal giudizio perché, se sono identificata col sé responsabile, rabbrividisco alla vista di un irresponsabile perché è la stessa cosa che faccio io con la mia parte irresponsabile. Pensiamo ai nostri figli adolescenti distesi sul divano mentre noi siamo intenti ai doveri, questo per capire come i sé rinnegati tornano nella nostra vita per aiutarci ad evolvere.
Questa è la vera inclusione, non devo sforzarmi di accogliere chi è diverso da me ma incontrare in me quello che vedo in te e, una volta che l’ho abbracciato, posso dire che io e te non siamo diversi. Non è il vogliamoci bene perché è giusto così, ma un movimento evolutivo, nulla a che vedere con la giustizia. L’altro, diverso da me, è qui per farmi da specchio per queste parti, se lo faccio in me automaticamente includo l’altro. Nell’inclusione non c’è sforzo, essa è automatica, è naturale. Questo è il grande dono di questo approccio, non devo fare uno sforzo col mondo là fuori ma accogliere il disagio come un dono dell’universo, includo questa parte di me e includo anche te e così cade tutto, il giudizio, la guerra, tutto.
È un movimento di grande portata. Con amore, rispetto, alchimia. Il disagio emotivo è un dono all’umanità, mi viene da dire!
“L’unica scelta che abbiamo non è se fare questo cammino ma quando lo faremo”…
Tutti dobbiamo farlo.
La sessione individuale del Voice Dialogue, l’aspetto tecnico della Dinamica del Sé, la conduco come counselor relazionale. L’incontro con il cliente ha un motivo, se lavoriamo insieme è perché entrambi dobbiamo crescere in qualcosa. Il counseling è una relazione tra due parti che permette a entrambe di affrontare quanto devono.
Tutti questi nostri sé emanano un’energia. Siamo immersi in una realtà energetica, i sé sono schemi energetici. Se mi sveglio male col mio critico interiore col dito puntato, mi posso anche imbellettare e far finta di niente, ma l’altro se ne accorge. Se il giorno dopo sono nel sé afrodite, esco per strada e tutti si girano a guardarmi.
Noi reagiamo al mondo attraverso la realtà energetica, non le parole, non i contenuti ma quello che percepiamo anche inconsciamente. Magari entriamo in una stanza per chiedere una informazione e veniamo attratti da una persona, combinazione, proprio una con un sé primario responsabile, e siamo proprio stati attratti da lei pur non conoscendola. Ad una festa speriamo che una certa persona non ci si avvicini neanche, probabilmente, perché siamo di fronte a un nostro rinnego, un nostro sé in cantina. Energeticamente lo abbiamo percepito.
È un grande strumento di lavoro questo e ci spiega perché percepiamo in maniera diversa, ad esempio a un “ti amo” ci sentiamo di chiuderci…
I bambini percepiscono il mondo energeticamente, una dimensione che non viene rinforzata e che fa perdere poi la capacità di percepire a livello sottile quello che accade intorno. Se ogni volta che io bambino, al ritorno a casa, chiedo se è successo qualcosa avendone il sentore e le risposte “niente” si susseguono comincio a pensare che i miei strumenti percettivi non funzionano e quindi li dismetto, non li uso più.
Lo sport preferito dagli esseri umani è giudicare. Lavorare su sé stessi è una rivoluzione.
Non deve essere un dovere ma un rendersi conto del costo che si paga per non farlo.
Se mi prendo cura di me, offro come un dono, emano, permetto al mondo di beneficiare del mio lavoro.
Non siamo i salvatori del mondo, lavoriamo per noi e così emaneremo nella realtà energetica qualcosa di cui beneficeranno tutti.
I percorsi formativi
Partiranno a marzo due corsi contemporaneamente.
Uno rivolto ai professionisti (coach, counselor, psicologi, etc), 6 incontri da marzo a gennaio.
L’altro, un percorso per chiunque voglia fare un percorso di crescita personale (4 incontri).
Tutte le informazioni sono sul sito elenadragotto.com
estratto della diretta con Elena Dragotto
Counselor supervisor, dottore in Psicologia e Formatrice iscritta al Registro formatori A.I.F.
Counselor esperta in Dinamica di Sé e Voice Dialogue