Costellazioni Floreali®, sciogli i nodi familiari!
Estratto della diretta con Max Volpi
Operatore Olistico, Floriterapeuta, ideatore delle Costellazioni Floreali
Cosa troverai in questo articolo:
- 1 Cos’è l’albero genealogico?
- 2 Come l’albero genealogico influenza le relazioni della nostra vita?
- 3 Fino a quale generazione è utile risalire?
- 4 Cosa intendi per karma?
- 5 Autenticità e vulnerabilità
- 6 In che modo l’albero genealogico ci aiuta a essere autentici?
- 7 Il passaggio alle Costellazioni Floreali®
- 8 Entrare nel “campo” a volontà
Cos’è l’albero genealogico?
Un sistema all’interno del quale ogni componente riveste un ruolo. Immaginiamo un motore dove tutte le parti contribuiscono a fare in modo che funzioni. La stessa cosa vale per l’albero genealogico, anche se la nostra percezione è quella di un presente, di un passato dove ci sono gli avi e di un futuro dove ci sono i figli. Tendenzialmente fatichiamo a pensare ad un sistema come a qualcosa che, oltre a muoversi nello spazio, si muove anche nel tempo. In realtà, è lo spazio-tempo a muoversi, Einstein lo ha spiegato benissimo. Il sistema albero genealogico si muove nell’esistenza per un solo e semplice scopo, portare avanti la vita, come fanno le cellule, l’organismo, la psiche, il cervello. Quando entriamo in una famiglia abbiamo sempre la percezione che parte dal nostro punto di vista e vede tutti gli altri, raramente ci guardiamo dal punto di vista del sistema. Finché non facciamo un cambiamento di punto di osservazione ci vedremo sempre come le vittime di quel sistema che, in realtà, protegge e difende la vita e porta avanti l’esistenza stessa di tutto il sistema.
Siamo parte di un sistema più grande, quando riusciamo a riconoscere questo e a onorare gli altri componenti dell’albero genealogico, la nostra vita comincia realmente a cambiare perché lo scopo è trovare il nostro modo personalissimo di esprimere questo sistema, invece spesso siamo “incarogniti” nel nostro punto dove c’è solo la nostra sofferenza e guardiamo solo quella e non ci rendiamo conto, quando abbiamo un conflitto con padre o madre, le figure più dirette dell’albero genealogico, che essi hanno sofferto tanto quanto noi.
Quando spostiamo la nostra ottica ci rendiamo conto che questo sistema è tutto in movimento e segue delle leggi ben precise.
Come l’albero genealogico influenza le relazioni della nostra vita?
In maniera molto ampia, se comprendiamo che siamo una parte del sistema. Faccio questo esempio ai miei studenti: se la tua relazione con tua madre o con tuo padre è – diciamo – morbosa dove i confini non sono ben delineati, ci sono dei non detti, dei sottesi e tu questa dinamica l’hai appresa dai tuoi genitori non puoi pretendere che ti giri dall’altra parte e trovi il principe azzurro sul cavallo bianco che ti sveglia con un bacio. Questo perché il tuo modo di pensare la relazione l’hai inevitabilmente appreso da queste due figure. Quindi, l’imprinting è fondamentale nell’albero genealogico. Noi siamo di fatto il risultato delle interazioni che le persone “venute prima di noi” hanno vissuto. Se il proprio modello di relazione è sempre stato litigioso, violento con le partner, pregno di invidia, sotterfugi, ci si comporta nelle relazioni non come si vorrebbe ma come è stato insegnato, non solo con le parole ma soprattutto con i gesti, per cui è una normale conseguenza attirare a sé chi vibra alla stessa frequenza. A livello inconscio cerchiamo chi può aiutarci a rivivere quelle parti della relazione che non sono in armonia per poter crescere, cambiare atteggiamento anche perdonare.
Fino a quale generazione è utile risalire?
Un ottimo lavoro si fa anche arrivando ai bisnonni. Chi ha la possibilità di risalire alla terza generazione all’indietro (genitori, nonni, bisnonni) fa un buon lavoro ma anche chi non vi riesce può fare un lavoro importante (abbiamo un modo molto interessante di andare a pescare queste informazioni). Addirittura reputo superficiali le informazioni sui trisavoli perché vanno tanto indietro e le impronte più forti vengono dai bisnonni.
Stiamo lavorando ad un’edizione dei miei corsi sull’albero genealogico centrata sul tema dell’ingiustizia, andando a pescare tutte le figure nell’albero genealogico che hanno subito un’ingiustizia, per potervi entrare in relazione poiché chi vive un’ingiustizia crea una matrice di pensiero che apre un cerchio che andrebbe chiuso. Una nonna, un bisnonno che sono morti con quella ingiustizia addosso la passano ai successori perché possano appianarla con le loro azioni. Il problema è che la maggior parte di noi ne è inconsapevole e passa tutta la vita sentendo ingiustizie molto forti che non sa collocare.
Se stimolato adeguatamente l’inconscio è in grado di portare l’attenzione sulle dinamiche veramente importanti. Per questo si può fare un ottimo lavoro anche non avendo notizie di prima mano di nonni o bisnonni.
I nostri avi hanno aperto dei cerchi che non sono stati in grado di chiudere, un’ingiustizia, una morte traumatica, e ciò che muove l’albero genealogico, le due forze di eros e tanatos (amore e morte). Un nonno scomparso nella guerra di Russia, ad esempio, è un tipo di evento che segna e che viene trasmesso alle generazioni future sotto forma di impronta mentale. Ci sono persone che consciamente o meno si fanno carico del fardello di quelli che sono venuti prima di loro e, se non se ne rendono conto, se lo portano nella vita ed è difficile scioglierlo. Ecco perché il lavoro sull’albero genealogico è molto importante: aiuta a prendere consapevolezza relativamente a un’ingiustizia che si sente e che ha vissuto un nonno, alle malattie, agli ostacoli, che quando arrivano pensiamo alla sfortuna! Siamo parte di un sistema che si muove per cercare di riportare l’equilibrio quando viene rotto attraverso lo squilibrio dell’amore e della morte.
Cosa intendi per karma?
La new age è l’emblema della semplificazione estrema di concetti che, se approfonditi, diventano molto importanti. Più che studiare il buddismo, che ha senso se sei un monaco buddista, per ciò che ho sempre inteso, la vita è la pratica. Ho praticato tantissima meditazione buddista. Più che riempirsi la bocca di concetti sarebbe importante comprenderli in sé attraverso l’esperienza della carne. Non siamo in questi corpi a caso.
Pochi si rendono conto che il corpo è il veicolo perfetto per fare l’esperienza terrena che, se stimolato nel modo giusto, ciò che faccio nei miei corsi, ha la potenzialità di conoscere la mente perché il corpo e la mente sono la stessa cosa quando ci incarniamo. Quando ho iniziato a fare la pratica buddista ho visto svariate mie vite passate, in meditazione. Focalizzandomi solo sulle sensazioni del corpo fisico, vengono fuori delle immagini, sia relative alle vite passate che a quanto sto studiando.
Se spingiamo il corpo verso una direzione il corpo è capace di sentire molto di più di quello che sente normalmente. Questa pratica è quella che nella mindfulness tutti conoscono come body scan. Per nove ore al giorno per 10 giorni di fila questa pratica fa sì che le sensazioni cambino completamente perché la presenza del corpo è mente e la mente è la presenza del corpo. Il Budda diceva che l’inconscio è conscio per mezzo delle sensazioni. Pensiamo che dentro di noi c’è un’entità che è inconscia, a cui non abbiamo accesso, per cui facciamo l’errore di concentrarci solo sulla mente. Se noi invece comprendessimo, e questo è fondamentale, che l’inconscio ha una porta di accesso tramite il corpo, la nostra esperienza farebbe un cambiamento drastico.
Allora il karma cos’è? È la decisione di passare da uno stato indifferenziato che qualcuno chiama Nirvana, qualcuno chiamo Dio, a uno stato differenziato. Nel momento in cui quel primo pensiero dice “io sono io” perdo la connessione con l’infinito, con Dio, il Nirvana, chiamatelo come vi pare, e comincio un viaggio che mi porterà fino all’interno della materia dove sperimenterò la sofferenza (questo lo dice Gesù, Maometto, Budda) in cui devo imparare a soffrire per capire come posso non soffrire più. Questo è la pratica che Jon Kabat Zinn ha trasfuso nella mindfulness insegnando alle persone a osservare la sofferenza nel modo più distaccato possibile (ci sono io, la sofferenza, la osservo e passa). Ovvio che non è sempre facile.
Il karma in pratica è lo strascico di cerchi aperti e non chiusi che la mente si porta dietro. Quando il corpo si spegne, la mente, che è carica di un certo tipo di energia si affaccia su quello che i buddisti chiamano il bardo, la zona dove, a seconda dell’energia a cui vibro, salgo o scendo. Se quando mi affaccio sul bardo sono gravato da una forte ingiustizia, da una forte trauma la materia mi chiamerà a sé e mi reincarno seguendo il mio karma. Se questo karma l’ho pulito avrò una vita più equa, spirituale o, addirittura, mi incarnerò in un mondo più alto. Il viaggio che facciamo nelle ere attraverso il karma parte proprio da quell’Io sono che scende nella materia dove vive le esperienze. Le mie vite passate le ho rivissute nel corpo attraverso la meditazione, dove ho sentito il corpo che viveva dolori. Qui il consiglio è di continuare a osservare le sensazioni del corpo, che poi passano. Questa è la base della bipassana l’osservazione, in cui il Karma diventa manifesto ed emergono cose.
Se, a un certo punto, muoio con il mio carico di karma, il mio livello di ingiustizia, di risentimento, insoddisfazione, succede che istantaneamente l’universo è configurato affinché io entri in una famiglia che incontra questo karma, dove le ferite che io ho vengono spinte all’eccesso perché io possa apprendere da esse a migliorare ed evolvere. Il karma personale che genera quel movimento in me non è slegato dal karma del mondo e, nella rinascita, mi tuffo in quella famiglia.
Quanti di noi si sentono stranieri nella loro famiglia? Questo è perché faccia leva sulle proprie ferite affinché si possa slegarle. Siamo tutti collegati.
Per mezzo del lavoro personale entriamo davvero nel karma della nostra famiglia dove ci rendiamo conto che molti dei nostri comportamenti vengono dal nostro albero genealogico anche se siamo noi che li incarniamo. Vengono da noi e contemporaneamente si incastrano nella nostra famiglia.
Il tempo guarisce tutte le ferite, si dice, ma non è vero perché la tua mente è posizionata sul risentimento, sulla mancanza, sull’aspettativa, in particolare quella d’amore che molti vivono.
Bisogna farla l’esperienza della vita, non aspettare che succeda il miracolo senza darsi da fare perché accada. Molte persone aspettano per tutta la vita l’amore, il successo mentre la vita fa un altro tragitto.
È importante comprendere con consapevolezza quali sono le nostre radici, da dove arriviamo, quali sono i conflitti del nostro albero genealogico perché attraverso questo movimento impariamo a conoscerci veramente. Se sono rancoroso, sempre arrabbiato ma magari non sono consapevole del fatto che mia madre ha sposato mio padre perché non poteva fare altrimenti o perché entrambi volevano scappare da casa loro e la mia sensazione è sempre quella di vivere l’amore come un conflitto, è chiaro che, se non sono consapevole di questo, vado a cercare quelle compensazioni fuori di me e mi tuffo nella new age, gli angeli, etc. Se non lavoro su quella che è la matrice del mio pensiero che genera le mie emozioni, dove posso mai arrivare? Se non guardo la realtà in faccia, se non entro nella mia sofferenza e in quella della mia famiglia, dove, ad esempio, mia nonna ha subito un profondo torto, il marito è morto in guerra e ha portato il lutto per tutta la vita, è morta sentendosi sola e abbandonata come mi sento io, non si progredisce realmente. Nella realtà della mia famiglia trovo tutti i pezzi che non percepisco come associati a me ma che in realtà lo sono.
La consapevolezza è lo strumento primario, il sentire che dentro di sé c’è un’emozione specifica che è relativa alla relazione con la propria madre, ad esempio, e che questa emozione non è solo tale ma è soprattutto nel corpo, per cui molti di noi soffrono di tensioni muscolari che non si spiegano, al lavoro soffrono sempre di cervicale… Quest’ultima, si sa, ha a che fare con un conflitto di svalutazione intellettuale, per cui, magari, passi tutta la vita sottomesso al capo perché eri sottomesso a tuo padre e non riesci a mettere in relazione le due cose. Quando finalmente lo fai, la consapevolezza ti fa aprire una porta nuova e l’universo comincia a muoversi in linee diverse perché hai acceso una luce nella tua cantina buia dove avevi tutti i tuoi schemi nascosti alla rinfusa che vai a estrarre e ordinare.
Autenticità e vulnerabilità
Prima di tutto, va posta l’attenzione sulla vulnerabilità. Molte persone hanno paura di essere deboli perché la nostra è una società di stampo repressivo, ciò che ha origini remote, nella struttura dell’essere umano*.
La repressione nasconde all’essere umano la sua divinità perché nel passaggio dallo spirito alla materia è costretto a reprimere la parte spirituale per entrare nella materia. È un discorso complesso che non possiamo affrontare in questa sede, ma di fatto questo accade e attiva un meccanismo di repressione e proiezione, in altre parole, le parti di me che non riconosco come mie le reprimo, non le vedo dentro di me e, automaticamente, se non le vedo dentro di me, le vedo fuori di me, le proietto.
La nostra società è arrivata a uno dei punti massimi di repressione, vediamo, ad esempio, che la medicina non serve più al bene dell’uomo ma al bene della medicina. Questo è una repressione e vuol dire che quanti guidano verso questa visione a livello mondiale sono in repressione e non vedono la parte che in realtà viene nascosta e che proiettano sugli altri. Questo avviene a livello di psiche, di corpo e anche nella società. L’esempio più chiaro della società repressiva è stato l’obbligo per milioni di persone a metter su una mascherina, una costrizione senza possibilità di scelta.
Questo atteggiamento repressivo è connaturato all’essere umano e, portato nella famiglia, è il caso del padre che vieta alla figlia di uscire senza motivo ma perché è così e basta.
Vi sono gradi diversi di repressione ma il concetto rimane lo stesso. Il punto è che la debolezza è diventata una caratteristica da reprimere perché se sei debole nella nostra società non vai bene, perché non sei adeguato, non sei produttivo, non sei bello, non sei magro… per cui bisogna reprimere tutti i caratteri che rendono deboli. Reprimendoli diventiamo di fatto impossibilitati a essere noi stessi perché la debolezza fa parte dell’essere umano mentre la “virtù” della forza si sviluppa dall’ascolto delle proprie profondità e parti deboli.
Quando mi sento come un bambino di quattro anni, che il mondo non mi capisce, mi rannicchio nel mio letto e piango, questa è una parte fondamentale che, invece, tutto il mondo condanna perché i bambini grandi non piangono!
In questa società repressiva siamo diventati esseri umani che reprimono se stessi e io me ne rendo conto soprattutto quando lavorando con una persona a cui sollecito un nodo, scoppia a piangere e mi chiede scusa… Perché mi chiede scusa? Non è giusto manifestare tanto la gioia, quanto la tristezza, la rabbia quanto la paura?
Essere autentici è essere vulnerabili. Se sono in un momento della mia vita in cui ho bisogno di essere vulnerabile e mi occorre che qualcuno mi dia una pacca sulla spalla e mi dica che ce la farò, ho diritto a stare così.
Spingo chi lavora con me a essere vulnerabile, a essere autentico perché nell’autenticità di quello che manifesto ci sono io! Se sono un adulto con un bambino interiore che non è stato ascoltato, amato, coccolato, ho in me un bambino che piange, se non lo riconosco, e se non imparo a stare con la sua sofferenza non potrò mai, metaforicamente, prendere per mano questo bambino e accompagnarlo nella vita adulta, perché continuerò a reprimerlo vivendo senza voler vedere questa parte. Questo è uno dei passaggi più difficili e che io faccio fare alle persone ma nella pratica perché è nel corpo che bisogna andare a prendere quel bambino interiore che piange e sentire nel corpo la sua tristezza, la sua disperazione. E, quando facciamo questo, qualcosa dentro di noi comincia magicamente comincia a sbloccarsi e diventiamo autentici.
Il punto è: se non accolgo queste parti vulnerabili e non riesco mai a sentirmi vulnerabile come posso essere autentico? Farò sempre finta che la cosa non sia successa, che la vergogna non mi tocchi, che la paura non la senta e così la rabbia….Ah la rabbia! Dico ai miei studenti di picchiare il materasso con una mazza fino allo stremo perché se si è arrabbiati, è vero che lo scopo è perdonare, ma si rimane in questo stato e, se non si contatta e si prende per mano questa rabbia, sentendola, incarnandola, non si può diventare autentici.
Tutti hanno paura della rabbia perché potrebbe scatenare chissà cosa ma se la prendo e la vivo dentro di me, imparo a sfogarla nei canali giusti allora sì che diventa una risorsa.
Autenticità e vulnerabilità sono quindi due concetti che vanno di parti passo proprio per questo motivo.
In che modo l’albero genealogico ci aiuta a essere autentici?
Attraverso di esso andiamo a vedere quelle parti di noi che dentro di noi si specchiano. Quando unisco il karma personale con il karma familiare adotto dei modelli e, per tornare all’esempio della nonna che ha perso il marito in guerra ed è morta col vestito di lutto, triste e abbandonata perché non c’era più l’amore della sua vita, viene tramandato un comportamento. Chi lo fa proprio si assume il carico emotivo e anche biologico di portare quel peso antico, come se dicesse: “tu nonna sei morta così non puoi più portare questo peso, lo prendo io perché tu non sia dimenticata e per portare avanti l’albero genealogico, per questo io divento sola, triste e abbandonata”.
Attraverso l’elaborazione dell’albero io imparo che queste emozioni che sento in me sono legate ai miei progenitori e contemporaneamente imparo a lasciarli andare, ciò che mi aiuta a diventare vulnerabile e quindi autentico.
Il passaggio alle Costellazioni Floreali®
A un ritiro di vipassana, nell’intervallo tra una meditazione e l’altra, mi è venuta l’idea di utilizzare i Fiori di Bach ponendoli nell’ombelico, invece che farli assumere per bocca come di consuetudine. Sono fiori che si trovano in natura e che servono per riequilibrare le emozioni, 38 emozioni liquide, ogni fiore si occupa di una/due/tre emozioni. A chi ne propone gli usi più fantasiosi, ricordo la funzione indicata dal loro scopritore, Edward Bach per i vari disagi.
Al rientro dal ritiro ho cominciato a sperimentare e poi utilizzare una miscela che ho chiamato Memories che, posta nell’ombelico, aiuta a interagire con l’inconscio attraverso le emozioni.
Nulla di esoterico, semplicemente, attraverso le emozioni e la vibrazione che i Fiori portano apro un po’ di più la capacità delle persone di sentire le emozioni. La meditazione va a pescare un tema specifico, la figura paterna, quella materna, i fratelli, le ingiustizie, queste parti nascoste nell’inconscio. Se, quindi, con i Fiori apriamo un po’ la porta, con la meditazione scivoliamo nell’interiorità e riportiamo alla luce le “repressioni”. È la scoperta che ho fatto io, è stato un dono questa consapevolezza. Sono anni ormai che lavoriamo con questa metodica, con duecento persone l’anno, e che sappiamo essere efficace.
Hellinger ha scoperto le costellazioni familiari che consentono, attraverso le rappresentazioni che mettono in scena personaggi come la mamma, il nonno, i figli non nati etc., di accedere al campo. Quello che ho fatto io è aver spostato a livello intrapsichico il territorio della costellazione da una stanza con dieci sconosciuti. Ciò vuol dire che quanto si può fare nelle costellazioni con i figuranti lo si può fare anche dentro di noi tramite la meditazione e i Fiori di Bach. Questo perché, in realtà, i figuranti sono stimoli che premono dei grilletti che fanno connettere con l’inconscio e che fanno comprendere delle cose ma, fondamentalmente, se si ha modo di accedere al campo attraverso la meditazione e i Fiori e si hanno gli stimoli giusti l’inconscio, che è un’antenna ricetrasmittente, li recepisce e li porta fuori.
Entrare nel “campo” a volontà
Abbiamo brevettato questo modello di lavoro delle Costellazioni Floreali® che basa la sua azione sulla speciale miscela di Fiori posti sull’ombelico e, attraverso l’apertura emotiva che offre la dimensione meditativa, aiuta a connettersi con le parti dell’albero genealogico, principalmente i genitori, e con altre che emergono di volta in volta fino a esplorare tutto l’albero genealogico.
Ho creato meditazioni guidate per facilitare chi ha difficoltà.
C’è tanta fuffa in giro ma i cercatori seri hanno a disposizione tutti gli strumenti necessari.
Un gruppo di persone del MIT (Massachussets Institute of Technology) di Boston ha ideato la U Theory, in pratica, un adattamento della mindfulness per risolvere le problematiche aziendali. Ebbene, queste persone si sono accorte che è possibile entrare nel campo semplicemente con l’attenzione, l’apertura del cuore e la volontà corretta.
Abbiamo sperimentato questa U Theory e la stiamo gradualmente inserendo nei nostri gruppi di lavoro. Stiamo insegnando le persone a entrare nel campo a volontà e che, quando lo fanno attraverso la corretta intenzione, l’apertura del cuore e la corretta volontà, entrano in uno spazio dove non c’è giudizio né pregiudizio e dove le cose si manifestano spontaneamente.
Hellinger ha pescato dal campo una dinamica, quella di mettere i figuranti nello spazio facendo accedere le persone al campo, io dal campo ne ho pescata un’altra completamente diversa, ma molto vicina nell’intento, grazie ai Fiori di Bach nell’ombelico e alla meditazione.
Allo stesso modo, al MIT di Boston, uno dei luoghi più razionali della terra, hanno trovato il modo di accedere al campo basandosi proprio sul modo in cui si pensa alla vita.
Di questo accennerò nel webinair dove spiegherò in modo approfondito come è possibile liberarsi dai traumi della propria famiglia di origine attraverso il metodo in cui integriamo un insieme di modelli, scrittura creativa, meditazione, gruppi di presenza, Fiori di Bach, in un tutto organico in cui consiglio alle persone di immergersi per tre mesi, in maniera esclusiva, dando tutto se stessi. Per vedere come i risultati sembrano piovere dal cielo…
La mente è un’antenna ricetrasmittente e, se la sintonizziamo nel modo giusto (e la sintonia si fa attraverso le emozioni), ha la capacità di raggiungere tutti i punti dell’inconscio che ci sono oscuri.
Prevalentemente lavoro sulla persona, per tre mesi, in cui fornisco strumenti assolutamente pratici per spostare gli equilibri interni ottenendo un modello di lavoro che aiuta a crescere ed evolvere.
*Approfondimenti su questi temi si possono trovare su uno dei due miei canali youtube, “Max Volpi”, dove parlo di tempi più complessi relativi alla spiritualità e alla psiche. L’altro riguarda i Fiori di Bach.
Estratto della diretta con Max Volpi
Operatore Olistico, Floriterapeuta, ideatore delle Costellazioni Floreali