Impossibile non innamorarsi
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Estratto della diretta con Fabrizio Camilletti
Operatore olistico, ideatore della Medicina Biologica Emozionale®
L’innamoramento è nel nostro bagaglio genetico, è indispensabile alla vita, attiva gli ormoni, tra cui l’adrenalina, importantissimo neurotrasmettitore.
Il nostro sistema nervoso ha necessità di nutrirsi dell’innamoramento, che è fondamentale proprio alla vita. Possiamo anche affermare che è impossibile non innamorarsi!
Le domande da porsi, eventualmente, sono: di chi ci innamoriamo? come ci innamoriamo? cosa c’è dietro l’innamoramento? e, soprattutto, come si sviluppa nel tempo? Un contenitore enorme.
Dovremmo conoscere il significato di questa parola e il suo senso perché è linfa vitale che rende il nostro sistema nervoso sempre attivo e giovane e in grado di consentire tutte le funzioni del corpo.
L’innamoramento è uno degli aspetti che ci aiuta a mantenere la salute e a ritornarvi quando questo stato naturale si allontana da noi. L’innamoramento riattiva tantissime funzioni.
Ci possiamo innamorare di una persona ma anche di situazioni, opportunità che la vita ci offre. Intanto, non dobbiamo mai dimenticare di innamorarci di noi in modo funzionale, rispettando noi e l’ambiente con cui interagiamo, prenderci spazi di riposo per recuperare energia, goderci ogni tanto un far niente attivo.
Cosa troverai in questo articolo:
Di chi ci innamoriamo?
Se da un punto di vista genetico è fondamentale, l’innamoramento ha un contenuto specifico per ogni essere. Qui ci spostiamo su un altro piano.
Le esperienze della fase di formazione, dell’adolescenza rappresentano un bagaglio enorme di informazioni che crea la capacità di esprimersi e di entrare nei due aspetti fondamentali del maschile e del femminile che determinano l’equilibrio individuale. Tutto questo diventa come un linguaggio quando si entra in contatto con gli altri.
Il maschile e il femminile di ogni persona entrano in contatto con quelli di un’altra persona. Qui inizia la comunicazione e i primi elementi dell’innamoramento dove si trovano caratteristiche e messaggi che l’altro invia, non solo a livello verbale ma anche del corpo attraverso le forme.
Siamo specifici e unici sia nel nostro modo di percepire che nella corporatura. Per cui ci innamoriamo di qualcosa dell’altro che ci richiama, che può essere un aspetto del maschile, del femminile.
Le relazioni sono anche di lavoro, di amicizia, in cui pure esprimiamo contenuti, troviamo affinità, risposte.
L’innamoramento è quel qualcosa dell’altro che ci richiama. In questa fase non vediamo i cosiddetti difetti ma solo quello che ci piace, ci attira, che ci sembra bello e meraviglioso. Come fosse un po’ la vetrina di un negozio, da cui siamo attratti per poi renderci conto che entrarvi è bene altra cosa.
Dopo questo periodo iniziale, che dura una settimana, al massimo qualche mese, l’innamoramento finisce e si entra in un’altra, interessante fase.
L’innamoramento quello umano non lo possiamo rapportare totalmente a quello animale, a cui assomiglia solo per il richiamo. Nella parte umana l’obiettivo è, prima di tutto, fare una specie di selezione. Ci innamoriamo di qualcuno con cui abbiamo grandi compatibilità per portare a termine un aspetto fondamentale per il mantenimento del nostro equilibrio, poiché abbiamo perso la parte istintuale. Portiamo tante informazioni dall’infanzia, ma anche ferite di quanto non siamo riusciti a prendere dai nostri educatori, i genitori, per cui ripetiamo le stesse cose.
Le relazioni, un po’ tutte ma in modo particolare quelle affettive, hanno proprio il compito di portare a termine questi sospesi e sono il vero processo evolutivo riservato a noi umani perché sia più veloce rispetto ai nostri amici animali.
L’innamoramento diventa una sorta di selezione di coloro che possono rispondere alle nostre necessità di completare le esperienze rimaste in sospeso da bambini.
Il litigio…
È una grande opportunità. Dobbiamo considerare che nell’altro vediamo noi stessi, i suoi “difetti” sono i nostri. Non riusciamo a comunicare in modo funzionale perché crediamo sia l’altro ad avere quel “difetto”, la maggior parte delle volte vediamo quello che non ci piace ma che, invece, ci appartiene.
Una volta che abbiamo individuato, grazie all’innamoramento, le persone che rispondono alle nostre esigenze di crescita biologica, nella fase successiva incontriamo esattamente quello che ci serve per portare a termine i processi sospesi. In realtà, in questo scambio, anche l’altro ha a che fare con noi, tutto serve a entrambi per completarsi.
Possono nascere due opportunità: creare sempre di più un’unione con l’altro e continuare a crescere insieme oppure portare a termine quanto era necessario e, dopo aver imparato la lezione, non trovare più il piacere e il desiderio di stare con l’altro.
Il litigio mette in evidenza il fatto che queste identità devono trovare il loro modo di comprendersi e trovare un’unione, serve per creare l’opportunità di un contatto ai fini della crescita individuale.
Il litigio ha anche un’altra funzione. Una volta che abbiamo compreso che attraverso il confronto, anche litigioso, siamo riusciti a fare un passo avanti, il litigio serve per tornare al punto zero, a innamorarci di nuovo della stessa persona. Un po’ come verificare se siamo ancora innamorati di questa persona, se questo attiva ancora l’adrenalina, il desiderio di stare insieme, di ripartire con la nuova realtà nata proprio grazie al litigio.
Certo dobbiamo “imparare” a litigare. Siamo consapevoli che l’altro è il nostro specchio e che, anche quando buttiamo fuori quanto non vogliamo tenere dentro, in questo c’è qualcosa di noi. Qui diventa utile stare nell’ascolto di sé e dell’altro, mantenere rispetto e toni adeguati, per sentire cosa dovremmo vedere di noi e cosa l’altro ci richiama. In tal modo, comprendiamo che quasi sempre il litigio è l’occasione per rivivere qualcosa del nostro passato di bambini. Il litigio è l’occasione che la vita ci mette davanti per dare una nuova identità a noi e all’altro e ripartire con qualcosa in più. Questo è il suo senso biologico. Anche per scoprire che l’altro non è per noi, e cambiare strada, con tranquillità. Ma se dopo il litigio chiudiamo la porta sbattendola perché siamo arrabbiati, biologicamente, stiamo perdendo un’occasione. Se dopo il litigio sentiamo che l’altro non ci richiama più allora vuol dire che non abbiamo null’altro da fare in quella situazione. Questo è in generale, poi i casi sono individuali.
Cosa c’è dentro il mondo maschile e femminile e nell’uomo e nella donna?
Siamo nati per essere complementari, l’uomo e a donna hanno geneticamente strutture, modi, espressioni differenti, perché il senso biologico di ognuno è diverso.
La Natura ha dato loro due modalità di innamorarsi. L’uomo è più portato a proteggere il proprio territorio e nido, e la donna più a sentirsi di richiamare il maschio in grado di proteggere il proprio territorio e il proprio nido.
A livello di maschile e femminile ognuno di noi ha le proprie specificità.
Diversità, una parola che non amo, indica che le funzioni femminile e maschile servono a creare qualcosa che da soli non riusciremmo a fare. Possiamo vedere femminile e maschile come le nostre mani, la loro modalità contrapposta ma non in opposizione le rende capaci di cose che da sole non potrebbero fare.
Ci sono elementi che sono nel femminile e nel maschile ma anche nella donna e nell’uomo.
La donna è più portata a vedere il particolare, le piccole cose, le cose del momento, il pericolo (va a cercare subito il proprio figlio), l’uomo guarda più l’insieme, l’esterno, l’aspetto generale.
Questi mondi funzionano perfettamente quando si incontrano e generano ciò che da soli non potrebbero fare. Questo vale anche per le piccole cose del quotidiano: l’uomo organizza una vacanza tenendo conto di tutto quello che c’è da fare, la donna vede gli aspetti più pratici, le valigie, la casa, le piante, gli animali.
Questi due elementi li troviamo nell’uomo e nella donna ma anche nel maschile e femminile di essi. Ci sono uomini che fanno il contrario di quanto è nella loro natura, sono più meticolosi e portati al particolare, con un femminile più spiccato, e ci sono donne in cui prevale la parte maschile. Ma se questo è funzionale all’equilibrio della coppia, tutto va comunque per il giusto verso.
Si cambia?
È una realtà innegabile, per via di tanti fattori, gli anni che passano, i cambiamenti ormonali, di interessi, insomma, muta il senso biologico della vita nelle varie fasi.
Cambia il sistema ormonale ma anche quello immunitario. Ci sono persone che a un certo punto della vita abbandonano gli sport estremi che li hanno appassionati per anni, questo, non solo per l’età che avanza ma anche per il fatto che il loro sistema immunitario li protegge per non esporli a pericoli. Perciò, con gli anni dobbiamo rispondere a ciò che la Biologia ci chiede.
Cambiamo anche quando cambia l’ambiente intorno a noi: se nasce un figlio, man mano che cresce, quando diventa adolescente, ma anche se arrivano nuove situazioni, tutte queste fasi ci danno informazioni e richieste diverse.
Non è da trascurare il senso biologico delle relazioni. Quando portiamo a termine un processo che era rimasto in sospeso non siamo più quelli di prima, già produciamo un cambiamento sia in percezione che in reazione.
È impossibile non cambiare. È nell’essenza delle donne la necessità del cambiamento. È la parte femminile che porta rigenerazione, nuovi stimoli e tende a stancarsi della “solita minestra”. È un aspetto fondamentale. La parte maschile è quella che tende più alla conservazione.
Quando troviamo coppie con un uomo più innovatore e la donna più conservatrice questo è dovuto alla parte femminile più attiva nell’uomo. La parte maschile tende a cambiare meno della parte femminile. Ma se questi mondi parlano tra loro ci sarà il punto di incontro che permette l’ottimizzazione e la valorizzazione di tutto quello che ci portiamo dietro.
La donna non deve preoccuparsi se il partner tende alla staticità perché è compito di quest’ultimo stimolarla a dar voce alla sua parte femminile in modo che possa portare stimoli e novità.
È uno dei regali più grandi che si possa fare all’altro…
Mi piacerebbe che… non so se posso osare… questa modalità rispettosa di chiedere non è funzionale quando non si specifica chiaramente la richiesta.
Nella relazione di coppia, quando i partner sentono il coinvolgimento profondo, la parola “voglio”, depurata dal senso della pretesa, diventa il regalo più bello che ci si possa fare.
Esprimere in maniera chiara, precisa, totale ciò che si vuole permette all’altro di sentire la forza di chi gli sta accanto. Non il “me lo devi dare”, ma “io voglio questo e poi ascolto la tua posizione”. Questo è ciò che annulla le ombre, le incomprensioni e permette la piena espressione di ciò che si sente eliminando quelle parti oscure che diventano sassolini nelle scarpe che la vita riproporrà.
Il consiglio è di organizzare una specie di appuntamento per ritrovarsi a parlare dei vari temi della quotidianità, con chiarezza e sgomberando il campo da paure, che l’altro ci rimanga male, etc, che non aiutano nella relazione.
Quanto siamo condizionati dall’altro?
Tantissimo, perché l’altro rappresenta il nostro stimolo. Non è qualcosa di negativo come tendiamo a pensare comunemente, condizionamento implica il fatto che l’altro ci interessa, che è importante. In Biologia, il condizionamento va letto in un altro modo, vuole dire che l’altro, chi ci sta accanto, ci porta tanti stimoli, informazioni che attivano tante parti di noi, pensieri, idee, immaginazione. Un vero e proprio stimolo di vita. Certo è che a volte ci condiziona in modo piacevole, altre volte in modo fastidioso, ma rimane pur sempre uno stimolo che ci offre un feedback importante per noi.
Purtroppo, il condizionamento solitamente ci attiva i sensi di colpa, peccato, perché ci perdiamo la possibilità di vedere la nostra risposta.
Amare vuol dire soffrire?
Io morirei per lui/per lei... L’amore incondizionato è riservato solo a un figlio, a cui non è possibile porre condizioni perché offre la possibilità di essere genitore mentre il genitore dà la vita al figlio. Un sistema dove ognuno ha il suo ruolo, però: un genitore deve fare il genitore mentre il figlio non può fare, come spesso accade, il genitore del proprio genitore.
L’amore tra amici e nella relazione affettiva, grazie agli stimoli che dà, ci mostra tutte le nostre parti, quelle “migliori” ma soprattutto quelle nascoste, i cosiddetti “difetti”. Ma è proprio grazie a questo che cresce la coppia.
Soffrire è permettere a noi e all’altro di tirar fuori le reciproche sofferenze, ma questo non vuol dire rimanerci. Non tutte le ferite del passato guariscono senza lasciar traccia, qualcuna fa un po’ soffrire. Ad esempio, chi porta con sé il senso dell’abbandono dall’infanzia, vivrà relazioni dove l’altro scompare, proprio per evidenziare l’abbandono. Poi magari capita che trovi un partner che sembra diverso dal solito ma che comunque finisca per allontanarsi, anche se per motivi accettabili. Qui può tornare il senso di abbandono anche in maniera devastante, e viene fuori così perché non può più rimanere…
Perdiamo l’occasione di crescere buttando via una relazione che poteva portarci qualcosa di importante, alla capacità di guarire. Non è la relazione che ci fa soffrire ma la paura di risolvere e l’incapacità di vedere quanto deve essere visto.
La sofferenza ci evidenzia che abbiamo da lavorare.
Tu non mi ascolti, mi abbandoni, non comprendi i miei bisogni… affermazioni come queste non parlano della relazione ma delle ferite dell’infanzia che, viste nel sistema, potrebbero forse essere vissute per l’ultima volta sfruttando l’opportunità di essere riconosciute.
Per la Biologia, occorre cadere dentro al problema per risolverlo.
Si può essere autentici in una relazione?
Dipende dai nostri obiettivi. Se desideriamo una relazione importante, entrare in contatto con noi e sentirci veri nella forza di ciò che facciamo, allora, non possiamo scendere a compromessi, questo è fondamentale, tenendo però conto di chi abbiamo vicino.
Se vogliamo far crescere la relazione senza sconti dobbiamo imparare a essere noi stessi completamente. È anche necessario educare la nostra coppia, poiché è probabile che il fatto di essere autentici possa andare in contrasto con l’altro.
L’essere sé stessi va costruito giorno per giorno per renderlo compatibile, altrimenti si rischia di essere troppo taglienti nella propria verità.
A volte ci lasciamo trascinare dagli altri, poi la vita ci apre gli occhi e smettiamo di non essere noi stessi, questo potrebbe essere destabilizzante per l’altro. Perciò è bene iniziare a guardarsi, educarsi, fare in modo che essere sé stessi sia un elemento di confronto e non di rottura di una relazione se non ci sono i presupposti e facendo in modo che l’altro sia resti sempre accanto in qualche modo.
Dobbiamo imparare a comunicare l’essere noi stessi, che non è “sono così e basta!”.
stratto della diretta con Fabrizio Camilletti
Operatore olistico, ideatore della Medicina Biologica Emozionale®