INSULINA E CANCRO, DIABETE, MALATTIE CARDIOVASCO-LARI, DISTURBI DELLA SFERA EMOTIVA E CRISI DI PANICO.
Elevati valori di glicemia a digiuno, sindrome da insulino-resistenza e cancro.
La concentrazione plasmatica di glucosio ed altri fattori legati al suo metabolismo, quali insulina e fattori di crescita insulino-simili (IGFs), correlano con lo sviluppo di carcinoma della mammella e del colon. In particolare, in donne in fase di pre-menopausa, i fattori determinanti tale associazione sembrano essere la glicemia, i livelli di IGF-1 e di IGF binding protein (IGFBP)-3;
In fase di post-menopausale l’iperglicemia, l’iperinsulinismo e l’IGF-1 correlano con il rischio di cancro della mammella in soggetti con BMI > 26 kg/m2. Inoltre, è stata osservata l’associazione tra elevati valori di emoglobina glicosilata (HbA1c), di BMI e l’uso di farmaci antidiabetici orali con il cancro del colon-retto.
Numerosi studi riportano anche un aumentato rischio nei pazienti diabetici di sviluppare diversi tipi di cancro, tra i quali quello del colon e del pancreas, a dimostrazione dell’associazione tra neoplasie maligne e diabete di tipo 2. Circa il 90% dei casi diagnosticati di diabete sono di tipo 2 e presentano l’insulino-resistenza come principale fattore patogenetico e la prevalenza, nei Paesi Occidentali è notevolmente aumentata, come per l’obesità. Recentemente è stato dimostrato che elevati livelli di glicemia a digiuno sono associati ad un aumento della mortalità per cancro, del 27% negli uomini e del 31% nelle donne.
Anche la sindrome metabolica o da insulino-resistenza (IRS) è stata correlata ad aumento del rischio di sviluppare alcune neoplasie maligne ed in particolare il cancro del colon-retto e, tra le alterazioni metaboliche della IRS, il più importante fattore determinante è l’adiposità ma altri fattori rilevanti sono la ridotta attività fisica e l’iperinsulinemia.
Lipidi circolanti e cancro
È stato dimostrato che ridotti livelli di colesterolo HDL ed elevati livelli di trigliceridi ed apolipoproteina B correlano con un profilo ormonale caratterizzato da aumentati livelli di estrogeni, insulina e leptina favorente lo sviluppo del cancro della mammella. La concentrazione di HDL sembra rappresenti un marcatore di rischio di cancro della mammella.
Malattie cardiovascolari e ipertensione
Le malattie cardiovascolari sono responsabili di circa un terzo della mortalità di uomini e donne nella maggior parte dei paesi industrializzati. Nella donna l’obesità è al terzo posto tra i fattori di rischio di malattie cardiovascolari, dopo l’età e la pressione arteriosa. Il rischio di attacco cardiaco per la donna obesa è circa 3 volte superiore a quello di una donna magra della stessa età. I soggetti obesi hanno maggiori probabilità di avere trigliceridi e LDL alti (grassi) ed HDL basso.
Questo profilo metabolico si riscontra il più delle volte nelle persone obese con un elevato accumulo di grasso endo-addominale ed è stato messo in relazione con un aumento del rischio di malattie coronariche. L’insulina esplica un’azione molto marcata anche a carico del metabolismo lipidico. Quando è presente una concentrazione ematica elevata, nel fegato viene stimolata la sintesi di acidi grassi. Infatti, l’insulina promuove il trasporto di glucosio all’interno delle cellule epatiche. Raggiunta nel fegato una concentrazione di glicogeno del 5-6%, questa inibisce di per sé stessa una sintesi ulteriore di glicogeno. A questo punto, tutto il glucosio che continua ad entrare nelle cellule epatiche viene ad essere disponibile per la formazione di grassi. Con la perdita di peso è prevedibile che i livelli di lipidi nel sangue ritornino alla normalità. L’associazione tra ipertensione e obesità è ampiamente documentata e la proporzione di ipertensione imputabile all’obesità, nelle popolazioni occidentali, è stata stimata intorno al 30-65 %.
La diffusione dell’ipertensione nei soggetti in sovrappeso è quasi tre volte superiore rispetto agli adulti con peso normale e il rischio di ipertensione, negli individui in sovrappeso tra i 20 e i 40 anni, è quasi sei volte superiore rispetto agli adulti con peso normale.
Disturbi dell’umore e crisi di panico.
Interessante la relazione tra sindrome metabolica e schizofrenia, in particolare l’insulino-resistenza riscontrata nei pazienti al primo episodio, quindi non ancora in trattamento farmaceutico. Sembra che l’insulina abbia degli influssi negativi importanti proprio sull’attività del cervello perché altera la barriera ematoencefalica. L’insulina ha come effetto una disregolazione dei recettori presenti nella barriera ematoencefalica. In generale i picchi di insulina producono alterazioni di carattere circolatorio, per cui possono avere anche effetti sulla circolazione cerebrale.
Per questa ragione i ricercatori dicono di fare attenzione ad una dieta ricca di zuccheri che, elevando continuamente i valori dell’insulina, danneggia il cervello, altera la barriera ematoencefalica e può favorire scompensi e disordini nelle connessioni cerebrali che possono contribuire al manifestarsi della schizofrenia.
Nelle persone che soffrono di crisi di panico, si assiste spesso alla presenza di insulino-resistenza o di iperinsulinismo reattivo con ipoglicemia reattiva. Prima di considerare la crisi di panico una patologia direttamente legata al sistema nervoso, sarà necessario ristabilire l’equilibrio glicemico.
Anna Di Muzio, Naturopata