Percorsi di salute: come scegliere?
di Yana K. Duskova Madonno
Kinesiologia emozionale RD, Kine4coaching, Insegnante metodo Quanti-Ka©, Shiatsu, Reflessologia auricolare
A partire dagli anni ’80 contemporaneamente allo sviluppo indomito dell’industria e del commercio, c’è stato un richiamo dell’essere umano verso quella che era la parte più “spirituale”, ovvero tutta quella parte non materiale e fisica di cui è composto l’uomo.
Non è mistero che la natura si muova per cicli ed equilibri e quando un settore cresce con picchi a dismisura, esattamente come ci ricorda la legge del Tao, dall’altra parte nasce qualcosa che possa compensare. È la dualità.
E così sono nate, o meglio rinate e riscoperte, tutta una serie di discipline, tecniche, arti, percorsi che avevano come oggetto la parte eterica dell’essere umano, quella composta principalmente da energia ed emozioni, quel movimento che non si può vedere o toccare ma che c’è e che è in grado di muovere in maniera importante i fili dell’anima e del corpo di ogni vivente. Il richiamo verso le proprie radici più antiche è stato forte e affascinante.
Inizialmente erano semplicemente persone “un po’ strane”, che “credevano a quelle cose lì” un passo sotto alle pratiche demoniache e giusto sopra agli stregoni delle favole.
Ma non abbiamo mollato. Beh, io a quei tempi ero solo una bambina, ma quando è stato il mio momento di adulta, non ho mollato anche se la confusione era sempre più grande.
In un mondo di professioni olistiche non regolamentato, perché difficile da far entrare nelle rigide regole umane, è scoppiato il caos.
Dalle discipline puramente energetiche, a quelle che si prendono cura del corpo attraverso le piante che la natura mette a disposizione, a quelle quantistiche che studiano la modalità di interazione del campo sottile di tutte le materie con gli esseri viventi, a chi più ne ha e più ne metta.
E poi dall’altra c’era la medicina pura e ufficiale, stoicamente ancorata alle sue regole e alla quale non veniva concesso di trascendere quelli che erano i principi studiati e passati nelle centinaia di anni prima, una “scienza” (anche se tecnicamente non lo è) fatta di osservazioni e ipotesi, pena la derisione e la radiazione dall’albo, ovvero l’esclusione dal branco.
Due poli opposti che militavano su principi e convinzioni spesso agli antipodi. Tutti avevano ragione, e a loro parere “la loro” era l’unica via “giusta”, ma nessuno includeva una via di mezzo.
Ma l’esperienza ci insegna che non esiste una sola verità per tutti, che ognuno di noi sviluppa una sua verità più o meno trattabile.
Ad oggi, pur essendoci ancora un grosso margine di miglioramento si coglie un vago “sciogliersi” delle posizioni, fosse anche solo per ascoltare cos’ha da dire l’altra parte, pur non abbracciandola o accogliendola per la vita.
Operatori olistici che capiscono l’importanza della chimica e fisiologia del corpo e che mai si sognerebbero di allontanare una persona dalla medicina classica, e medici che non abbandonano i loro pazienti nel momento del dolore ma gli consigliano di buttare un’occhiata anche al di là del fisico, alle emozioni, alle energie, ai vissuti più o meno traumatici.
Cosa troverai in questo articolo:
Dove sta la verità?
Come faccio a scegliere e a seguire un percorso con il professionista o la disciplina migliori per me?
Perché in questo pandemonio di informazioni, cultura e comunicazione, orientarsi diventa un bel problema.
Siamo circondati da oratori più o meno carismatici, che dicono cose che ci rapiscono e ci affascinano ma che poi nella vita non sappiamo come applicare per il nostro benessere. Un giorno ne leggiamo uno: fantastico… che però dice altre cose che vanno un po’ in collisione con quello che ha detto quello prima. E poi la settimana dopo la nostra amica che “ha appena fatto un corso fighissimo con un’insegnante bravissima” ci racconta di altre cose che sono giustissime anche quelle, ai nostri occhi, ma che proprio non sappiamo come sistemare in quel quadro. Come se avessimo deciso di fare un puzzle e i pezzi, invece di incastrarsi e diminuire, continuano ad aumentare e con essi la sensazione che ci siano pezzi che con l’immagine finale, non c’entrano un bel niente.
Perché se dovessimo ascoltare tutti la cosa diventerebbe a dir poco bizzarra: uno ti dice che devi stare attento alla tua vitamina D e allora via a metterti a prendere il sole perché hai letto l’articolo di quello che ti diceva che il modo migliore per garantire la presenza della vit D è quello naturale di esporsi al sole (e allora ti chiedi perché gli anziani nelle case di riposo non vengono regolarmente esposti e ritirati per il periodo necessario), poi l’altro ti dice di no, che il sole è pericoloso e va preso in base alla tua predisposizione genetica e di origine, allora vai a fare un controllo dei geni del DNA e scopri che i tuoi avi vichinghi non favoriscono l’esposizione. E poi hai letto che, se hai problemi alle anche è perché hai un vissuto di svalutazione, ma vorresti capire quale, e i professionisti che hai ascoltato ti danno tre spiegazioni diverse… e tra l’incapacità di accoglienza o di sostegno, o di vigore sessuale, quasi quasi rivaluti l’opzione di rimetterti al sole, almeno lì ti metti la protezione 50 e puoi smettere di farti seghe mentali.
Poi ci sono i professionisti che propongono la depurazione come metodo di benessere e da febbraio a settembre ce n’è una per tipo, e vai di Aloe, di carciofo, di tarassaco, di Tea tree che ci sta sempre bene, e togli il glutine, e togli la carne e togli i grassi, e se ti avanza un attimo non ti dimenticare di farti l’idrocolonterapia, così le pulizie di primavera per un po’ sono a posto.
E il colesterolo? Dove vogliamo metterlo? Che a forza di ribassare i valori ottimali, pare di assistere a una seduta di borsa degli ultimi tempi.
La situazione non prende connotazioni più chiare neanche quando ci spostiamo tra gli operatori energetici: uno ti trova un chakra che non lavora bene, l’altro ti dice che è a causa di quel meridiano, l’altro insiste che è per colpa di una presenza sottile che hai in casa, un altro perché un tuo trisavolo ha probabilmente ucciso qualcuno in guerra.
“Che ansietta!” come direbbe qualcuno!
Anche i medici non se la cavano meglio. Pur condividendo un percorso di studio lungo e approfondito tra di loro, spesso si trovano ad avere posizioni differenti su terapie o metodi di intervento su malattie importanti. Spesso si appoggiano su “protocolli” che, se da una parte possono garantire una procedura studiata che in qualche modo è la “cosa migliore per il paziente”, dall’altra spersonalizza l’esperienza del medico che non ha spazio di ascoltare la persona che ha davanti. Un mestiere che ha bisogno di passione e motivazione più di altri, come quello del medico, si vede privare di strumenti importanti come l’ascolto e la terapia migliore per la persona che ha davanti, in favore di tecniche standard o movimenti quanto meno sospetti delle aziende farmaceutiche.
E se stiamo a seguire anche qui i consigli, la storia si fa interessante: ascolti il medico che ti dice che la prevenzione è tutto, e allora parti con il giro dei tagliandi con, nell’ordine: mappatura dei nei, prevenzione serena, tubi con telecamera nel sedere, per non parlare delle dita se vogliamo tenere sotto controllo la nostra prostata, ogni 6 mesi vai a trovare il tuo dentista e mappatura del DNA con eventuale asportazione chirurgica preventiva, per giocare di anticipo.
Praticamente siamo un tagliando vivente.
Fare e farsi domande
Ho sempre pensato che la conoscenza rendesse liberi, ma mi sto accorgendo che la conoscenza fine a sé stessa può perdere di utilità. Delegare ad altre persone (per quanto carismatiche, sapienti, o che danno sicurezza) ciò che è meglio per me, può essere una strada pericolosa.
Se cerco un guru o un dottore che mi dica cosa fare per il mio massimo bene e accetto ciecamente senza farmi e fare delle domande, c’è qualcosa che fa storcere il naso. E non si tratta di fare domande per mettere in dubbio l’opinione di professionisti e persone che hanno impiegato anni di sacrifici e formazione per aiutare le persone, ma fare domande aiuta ad esorcizzare la paura, e un bravo professionista sa che la conoscenza attenua le ombre della paura.
Accettare senza conoscenza ciò che ci viene lasciato cadere dall’alto, è una forma di “delega” del nostro benessere che ci fa intravedere la possibilità che non siamo sufficientemente pronti per prenderci le responsabilità delle nostre scelte. Come se inconsciamente cercassimo qualcuno che “faccia per noi”. Cerchiamo un “capo” o più semplicemente un “papà” o una “mamma” che ci dica cosa dobbiamo fare.
Un unico approccio per tutti?
Non esiste una tecnica sola che sia l’unica migliore per voi (tanto lo sapevate che finivo lì, vero?) ma esistete ognuno di voi, nella vostra perfezione e meraviglia, esattamente così come siete.
Ci sono persone con geni, credenze, educazioni, percepiti e storie diverse, e tutto questo concorre a stabilire che non può esserci una sola tecnica fatta ad hoc per tutti.
La maggior parte di noi è cresciuta con la convinzione che solo il medico ci può salvare e solo il medico ci può dire cosa è meglio per noi, e nelle sue convinzioni profonde non troverà mai benessere se non sarà il medico a dirgli “prendi questa medicina” o “stai tranquillo è solo ansia”.
Il nostro vissuto è influenzato da tutte queste cose e dalle nostre esperienze che arrivano per confermare o meno se quello che stiamo facendo è utile per noi. Ecco perché i personaggi più carismatici o di cui ci fidiamo maggiormente hanno tassi di successo molto più alti rispetto agli altri, perché hanno già “scalfito” le nostre naturali difese di diffidenza rispetto a determinate credenze. Ci piacciono, ci piace quello che dicono, e in automatico hanno il telepass per entrare oltre le nostre difese mentali.
Ascoltare, accogliere, scegliere
Il consiglio è di ascoltare e fare quello che ci viene proposto dalle figure che noi abbiamo scelto come “facilitatori” del nostro benessere, ma di ascoltare in maniera più profonda cosa provoca in noi quel rimedio o quell’intervento. Ognuno di noi è libero di ascoltare le cento campane che suonano ma risuonerà solo con alcune di esse, e con loro suonerà la sua canzone.
Siamo fatti di corpo, energie ed emozioni, ma viviamo di esperienze che il nostro corpo usa per apprendere e approcciarsi al mondo.
Se un professionista consiglia di sedersi su una stufa calda per curare il mal di testa, ci saranno quelli che si sfilano pantaloni, e per sicurezza anche le mutande, e ci si lanceranno sopra senza esitazioni per poi dire che è colpa di quel professionista se oggi hanno ancora il mal di testa e il sedere bruciato; altri invece chiederanno perché quella persona ritiene che sedersi su una stufa sia la cosa migliore da fare, faranno domande per comprendere e allora sceglieranno se sedervisi o magari andare a sentire un altro professionista. Sceglieranno saggiamente, senza fretta, la strada che sentono migliore per loro e diventeranno responsabili delle loro scelte, vada come vada.
È una posizione difficile da prendere, perché ahimè può implicare che si sbagli, che occorra raddrizzare il tiro o prendersi la responsabilità e non poterla dare ad altri.
Ed è una posizione difficile da prendere perché di solito ci viene chiesto di prenderla quando siamo in un momento difficile e delicato, quando ci scoprono una malattia e quando il dolore (nostro e di chi ci circonda) non ci permette di riflettere con lucidità. E allora in quel caso il consiglio è quello di muovervi come avreste sempre fatto, di superare il primo momento difficile, di prendervi cura del vostro corpo e del vostro dolore, accogliere le paure di chi vi sta accanto e successivamente allargare il vostro punto di vista per includere anche altre strade.
Come dice Claudio Trupiano, se mi trovo disperso in mezzo al mare in una tempesta, non è quello il momento di imparare a nuotare in perfetto stile libero, l’importante in quel momento è restare a galla.
Perché per quanto mi faccia storcere il naso la proposta di una terapia aggressiva chimica davanti a un male spaventoso, non posso saltare completamente sul lato “naturale-energetico” trascurando che per anni sono stato cresciuta con profonde credenze legate al fisico e alla fisiologia: sarebbe un suicidio. Oltre per il fatto che ci sono sintomatologie fisiche che come primo intervento necessitano di chirurgia senza discuterne.
Non esiste una tecnica migliore di altre, e se sentite professionisti denigrare altre tecniche accogliete il loro essere “esseri umani” con tutte le loro insicurezze: a modo loro stanno cercando di aiutarvi mettendo al vostro servizio il loro corredo di credenze, esperienze, paure e punti di vista.
Scoprirete che la vostra verità è formata da tante frasi e tanti paragrafi di libri di diversi. Ascoltate, accogliete, ma soprattutto: scegliete. È il primo passo da fare per diventare responsabili, abili a rispondere.
di Yana K. Duskova Madonno
Kinesiologia emozionale RD, Kine4coaching, Insegnante metodo Quanti-Ka©, Shiatsu, Reflessologia auricolare